Oggi in redazione si è verificata una corrispondenza che non ci aspettavamo tra cani e libri. No, non intendiamo scomodare quei libri “scritti da cani” quanto piuttosto ragionare in piccolo sulla corrispondenza di lessico e messaggio.
Chiunque abbia un cane sa che, a una parola data, l’animale domestico risponde di conseguenza. Oltre ai termini universali utilizzati dagli educatori cinofili per impartire comandi ci sono delle parole chiave che i cuccioli imparano fin dai primi passi nella nuova casa e che entrano a far parte di un lessico famigliare condiviso. Non solo “seduto” e “zampa” o simili, quindi, ma anche “pappa”, “andiamo”, “bacino” e nomi che scatenano nell’interlocutore peloso diverse e personali reazioni.
E in questo lessico famigliare la precisione è fondamentale perché se al posto di “andiamo” il cane si sentisse dire “avviamoci”, “muoviamoci”, “partiamo”, non otterremmo alcuna reazione, o almeno non quella attesa.
Ok? Ma cosa c’entrano i cani con i libri? Ecco… abbiamo ricevuto in commessa una nuova traduzione: un libro sul mondo animale. E in questo libro l’autrice proponeva definizioni proprie, neologismi, un suo lessico famigliare che intende allargare a tutti i suoi lettori.
La proposta iniziale della traduttrice si è orientata verso una definizione nota, non verso un neologismo, ma poi abbiamo discusso della cosa ispirati dal contenuto del testo: proprio come un cane risponde a una parola cui dona un significato e quello soltanto, anche in saggistica il lessico specifico risponde a un significato soltanto.
Forse il paragone è un po’ forzato, ma le fonti di ispirazione quando si traduce sono quasi sempre spiazzanti. Perciò l’abbiamo presa come è arrivata. E ci siamo detti che converrà mantenere il neologismo, pur cercando un’assonanza con un termine già noto.
Dare valore alla corrispondenza precisa di senso di ogni parola vuol dire per chi traduce esplorare le alternative. Anche perché un termine può essere di per sé polisemico in una lingua e in un’altra no. Bisogna perciò definirne l’uso e la reazione del lettore in merito al significato.
Lo spiega bene, con degli esempi, Mariateresa Fabbro:
“Se la lingua di partenza dispone di termini diversi per nozioni diverse e ben distinte e la lingua d’arrivo dispone di un unico termine, la scelta traduttiva non pone alcun problema. Per fare un esempio, resistance, un ordine di grandezza, e resistor, che si riferisce al componente di cui si sfrutta la proprietà essenziale di offrire resistenza al passaggio della corrente, corrispondono all’italiano resistenza per cui una frase del tipo a resistor having a resistance of 500 ohms dovrà essere tradotta con una formula del tipo resistenza del valore di 500 ohms. Nei manuali tecnici, oggi si trova frequentemente anche resistore. Ma non in tutte le circostanze questo calco linguistico viene accettato. Un altro esempio: in inglese wire e thread indicano rispettivamente un filo metallico e un filo tessile e ambedue corrispondono all’italiano filo. In casi come questo, è sempre necessario qualificare il tipo di filo che, ad esempio nella descrizione di un cavo, è presente sia nell’anima metallica che nel rivestimento tessile del cavo. Sempre nel campo dei fili e dei cavi, gli americani usano jacket e sheath per indicare la guaina di un cavo, ma jacket è una guaina isolante e sheath una guaina metallica. I britannici usano soltanto il termine sheath. Ciò significa che nella traduzione italiana, l’indicazione della differenza si renderà necessaria là dove il contesto non sia sufficientemente chiaro al riguardo. Un ultimo esempio in questa categoria: spool, bobbin e coi/ corrispondono a significati diversi dell’italiano bobina.”
Tradurre saggistica non è semplice dal punto di vista delle scelte lessicali e non lo è anche per altri motivi, comunque legati alla ricezione del messaggio da parte dell’interlocutore. Proveremo a esplorarli in futuro. Nel frattempo, se ti va, ti aspettiamo sui banchi: www.scuolascrivere.com.
